MING: un Nome… un Destino

di Paolo Raccagni

… la persona di ognuno di noi è scolpita nel nome che gli è dato.
(Annick de Souzenelle – Il simbolismo del corpo umano)

In ogni organizzazione sociale alla nascita di un individuo la famiglia, il padre e la madre scelgono un nome al proprio figlio. Questo nome sarà utilizzato da tutta la comunità per identificarlo come appartenente alla famiglia e per distinguerlo dagli altri membri del clan familiare. In alcune tradizioni è usanza abbinare il nome del padre a quello del figlio, con l’appellativo “figlio di”[1].

In Cina, anticamente, vi era l’uso di attribuire un altro nome al figlio, il nome vero o il nome segreto. Il padre prendeva il figlio e, allontanandosi da orecchie indiscrete, gli sussurrava il nome vero, un nome di cui solo padre e figlio erano a conoscenza. Quest’usanza metteva al riparo il figlio da eventuali incantesimi operati da demoni o negromanti che, utilizzando il nome, potevano entrare in possesso del suo spirito.

MING il Nome

Avere un nome (MING 名 – Ricci 3513: nome, appellativo, designazione, dare un nome, … reputazione, celebrità, illustre, distinto, eminente) è la condizione prima per esistere. Se assegniamo un nome ad una cosa o come dice Confucio (KONGZI) gli diamo il “giusto nome”, ne permettiamo l’esistenza, la portiamo alla luce (MING 明). Ho un nome, dunque esisto. Perdere il nome, essere un “Senza Nome” (WU MING 無名), era la condizione in cui un individuo perdeva la propria dignità, la reputazione (MING QI 名氣), di fronte alla società. Era esiliato dalla gente del clan (JIA 家 – Ricci 523) , rifiutato dalla comunità (JIA REN 家人), perdeva le sua prerogative di esistenza.

MING la Luce

L’ideogramma MING (明 - Ricci 3515) è costituito, nella sua forma attuale, da due elementi grafici: il Sole (日) e la Luna (月), i due astri celesti che illuminano e permettono la vita sulla terra. Il significato che il carattere assume è: chiarezza, illuminazione, brillante, chiaro, luce … ma anche distinto chiaramente, manifesto, evidente. Un individuo quando nasce si dice che “viene alla luce”, dunque è attraverso l’azione della luce, MING, dell’elemento Fuoco, che “aderendo”[2] all’individuo lo “differenzia”, lo fa emergere dal Caos. Anche per noi latini è uso, nelle formalità, dare il titolo di “egregio” che deriva dal latino “ex gregis - fuori dal gregge” ovvero “distinto” dagli altri. MING, dunque, distingue dall’Indifferenziato, permette il viaggio dalla Moltitudine verso l’Unità, rende unici.

MING il Destino

Un altro ideogramma MING entra a far parte della nostra vita, dandoci lo scopo per cui siamo “venuti alla luce”, assegnandoci un destino. MING (命 – Ricci 3514) ha come significato: ordine, ordinare di, decreto del Cielo, istruzione, mandato, mandato conferito dal Cielo (TIAN MING 天命) all’Imperatore. Etimologicamente è costituito da LING (令), decreto, ordine e da una bocca (KOU 口), in basso e a sinistra. Un ordine emesso dall’autorità suprema, un mandato donato all’Uomo perché compia il suo destino che consiste “nell’accedere alla sua natura prima (XING 性), coltivando le proprie qualità e disposizioni naturali” (C. Larre). La Porta del Destino (MING MEN 命門 - tra la 2a e la 3a vertebra lombare) è il luogo dove il Cielo (YANG) incontra la Terra (YIN), dove le essenze (JING) e i soffi (QI) compenetrano il Campo di Cinabro Inferiore (XIA DAN TIAN), i Reni. Il luogo in cui inizia la vita personale, dove il Fuoco del MING MEN permette di mantenerla fino al suo termine naturale.

[1] Ad esempio nella cultura araba o ebraica, ma anche nel Nord Europa, si usa appellativo di ben, “figlio” o bar, “giovane figlio”. In Italia molti cognomi esprimono la paternità (Di Giovanni, D’Agostino, …) o la non paternità (Di Dio, Casadei, …)

[2] Il 30° esagramma dell’YIJING è LI, l’Aderente. Formato dalla sovrapposizione dei due trigrammi LI (Fuoco) assume anche l’immagine di chiarezza, visibilità, coscienza e coerenza… ma anche vedere chiaro, chiaroveggenza. Il Fuoco non ha forma ma si “incolla” ai corpi rendendoli luminosi. Il Fuoco distingue per separare.

Vedi anche le note al post del M° Georges Charles. (clicca qui...)


Bibliografia:
R. Wilhelm “I CHING – Il Libro dei Mutamenti” Ed. Adelphi

C. Javary – P. Faure “YI JING – Le Livre des Changements” Ed. Albin Michel

E. R. De La Vallée “Les 101 Notions Clés de la Médecine Chinoise” Ed. Guy Trédaniel

J. M. Kespi “L'Homme et Ses Symboles en Médecine Traditionnelle Chinoise” Ed. Albin Michel

A. de Souzenelle “Le symbolisme du corps humain” Ed. Albin Michel

G. Charles “Le Rituel du Dragon - Les sources et les racines des Art Martiaux” Ed. Chariot d’Or

Le Mille e Una Via della Coscienza

Traduzione di Paolo Raccagni e Yves Kieffer

Georges Charles risponde all’intervista fatta, a lui e ad altre 17 personalità, dalla rivista Generation-Tao, sulla Coscienza. Queste le tre domande:

1. Come definiresti la coscienza? E la si può definire?
2. Quando ne hai fatto l'esperienza per la prima volta?
3. Perché è così importante per te?

Queste le tre risposte:

Essere è sufficiente…

1) Se, come il Maestro Kong (Confucio n.d.r.), si cerca di attribuire un senso alle parole (ZHENG MING) e dare a loro un “buon senso”, in altre parole del buonsenso, la coscienza è cum scientia, cioè letteralmente, “con la scienza” o ancora “scienza interiore”. Potremmo tradurre tutto ciò come “conoscenza interiore”. Secondo WANG YANG MING, molto prima di Descartes (Cartesio per noi italiani n.d.r.), la conoscenza, è la “nascita interiore” e non si acquisisce che attraverso la pratica e l’azione. Per me, la conoscenza interiore, è semplicemente e unicamente la pratica dell’interno. Praticare l’interno, è conoscere l’interno. È vivere con l’interno. È vivere la pratica. Il resto sono frottole. Comprendere è “prendere all’interno” e non prendere su di sé. “Io sono, dunque io penso”. Si può Essere senza pensare. Essere è sufficiente.

2) Quando si pratica da 53 anni e si insegna da 37, senza cessare di praticare, sono un totale di 90 anni; anche, e soprattutto, se spesso ci si è sbagliati, vuol probabilmente dire che si è coscienziosi. Questa è un’altra forma di coscienza. Potrei parlare di una NDE (Esperienza di Pre Morte n.d.r.) a seguito di un problema operatorio o di una illuminazione improvvisa per quanto concerne la benevolenza, o l’umanità (REN), un 24 dicembre: il supermercato era affollato di brave persone quando mi resi conto che avevo una scelta tra un sorriso e una scatola di granate, che però non avevo a portata di mano. Ho scelto di sorridere e dunque la benevolenza, un’alta virtù confuciana, probabilmente anche taoista e un po’ buddhista. Da allora, ho coscienza di essere benevolo. Questo mi basta. E continuo a praticare e insegnare.

3) Essere è sufficiente. Non ha alcuna importanza se ci si è spogliati del me-io-dunque. Che gli altri pratichino!

Georges Charles è un pioniere nella pratica delle arti marziali interne in Francia. Inizia la sua pratica nel 1958 e da all'ora non ha mai smesso. Egli trasmette il suo insegnamento dal 1974. Nel 1969 è stato coach in Tae Kwondo al Philadelphia Institute al Campus Universitario. Ha pubblicato una ventina di opere e più di mille articoli. E' anche il fondatore delle Arts Classiques del Tao.


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