Il GO e le Arti Marziali

Il gioco del Go ( 围棋weiqi” in cinese) è sempre stato legato a doppio filo al mondo delle arti marziali.
Non solo il Go permette di simulare assedi, diversivi, attacchi multipli e punti vitali degli schieramenti (il Goban, la tavola da gioco, può essere considerata come un campo di battaglia visto dall’alto, a volo d’aquila) ma anche personaggi storici e leggendari della tradizione cinese erano appassionati cultori del Go.

Un esempio fra i tanti è il generale Guan Yu (160 D.C.) le cui gesta sono narrate nel San Guo, il “Romanzo dei Tre Regni”.
Guan Yu è conosciuto nelle arti marziali cinesi per l’uso dell’alabarda che prende il suo nome: Guandao o “sciabola di Guan”, ma numerosi sono anche gli aneddoti che rimandano al Go: in una importante battaglia l’esercito nemico è stretto in assedio, ma la situazione è statica con dispendio di energie da ambo le parti; Guan Yu farà la differenza quando, da solo con la sua alabarda, penetrerà nelle fila nemiche seminando terrore e confusione. Similmente nel Go un gruppo con un solo “occhio” viene catturato con un’ unica pietra avversaria: l’Eroe entra nel campo nemico e toglie tutte le sue “libertà”.

Un altro aneddoto vede Guan Yu ferito alla spalla con una freccia avvelenata, mentre il medico Hua Tuo opera la ferita Guan Yu è talmente assorto nel gioco del Go che non sente alcun dolore… bellissima la stampa di Utagawa Kuniyoshi (1853) al riguardo.

Il gioco del Go è storicamente così vicino alle arti marziali che molti dei trattati antichi prendono a prestito frasi e strategie da classici come il Sunzibingfa, “l’Arte della Guerra di Sunzi”; un classico utilizzato anche in tempi recenti non solo in campo militare, ma in tutti i casi in cui, come nei rapporti fra persone, gruppi sociali e ambiente di lavoro, serve una efficiente “soluzione dei contrasti”.

E il meccanismo è reversibile: alla stregua degli antichi trattati anche il Go può insegnare molto sulla Vita!
Con queste premesse erano anni che desideravo inserire il Go nei seminari estivi di cultori di arti marziali, momenti in cui per settimane si condividono pratica e quotidianità. In passato vi erano ostacoli insormontabili, non ultima la difficoltà di procurarsi anche il semplice materiale di gioco, poi le cose sono cambiate e quest’anno al seminario che abbiamo tenuto nelle magiche Foreste Casentinesi, con partecipanti provenienti da tutta la penisola, avevamo con noi diverse tavole e pietre. Il successo che ha riscosso il gioco non mi ha stupito, vista la vicinanza del Go alle arti tradizionali, mi ha stupito invece la sua velocità di apprendimento: non solo adulti, ma anche i bambini sono stati in breve tempo in grado di giocare e divertirsi.

Il paragone con gli scacchi occidentali è stato inevitabile e, sempre nei bambini, è stato notevole vedere come una modalità istintiva di “eliminazione dell’avversario” (scacco al Re) gradualmente si trasformava in quella, sofisticata e forse umanamente più educativa, di “fare territorio”.
E’ stata una sorpresa e una gratitudine per questo antichissimo e bellissimo gioco che, viste le sue similitudini, non mancherà di appassionare i praticanti di arti marziali, appena avranno anche da noi la possibilità di conoscerlo.

Dante Basili
Presidente della Scuola Tiandihe
Insegnante di Arti Marziali Cinesi

Sono grato all'amico Dante per avermi concesso di pubblicare questo suo articolo che è apparso anche sulla rivista della Federazione Italiana Giuoco Go. Potete trovare altri articoli e non solo, nel sito della sua Scuola (www.tiandihe.org).
p.r.

Ripartiamo da … Zero

di Paolo Raccagni

Queste poche righe sono frutto di una ricerca che ho fatto per darmi una spiegazione sul numero più intrigante nell’insieme di tutti i numeri naturali, lo Zero. Pensavo fosse più facile trovare qualcosa sul valore “simbolico” di questo Numero; infatti, non ho trovato molto materiale al riguardo.

Come già accennato in un altro post (L'Achimia dei Numeri), i numeri sono una invenzione dell’uomo per indicare graficamente, con un segno (1), un valore numerico. Poi, vista la capacità dei numeri di essere “manipolati”, si è aggiunto al valore quantitativo quello di qualità, dandogli in questo modo, le capacità e le caratteristiche di un Simbolo.

È curioso scoprire che il primo dei dieci segni grafici, comunemente usati per rappresentare l’infinità dei numeri, è l’ultimo che è stato inventato. Sì, inventato perché lo 0 (Zero), come per tutti i numeri, non esiste in natura. Posso dire: questa è una persona, questi sono due cani, … dieci alberi. Non posso dire questo è uno; uno cosa? È anche maleducazione! Zero poi … Non è molto simpatico sentirsi dire che siete uno “Zero”.

Tutte le grandi civiltà hanno adottato dei segni grafici, più o meno complessi, per indicare i numeri: ad esempio gli Egizi delle immagini, i Greci le lettere del loro alfabeto. I Romani… basta guardarsi attorno, i loro numeri li usiamo ancora oggi per indicare un ordine di successione, i capitoli di un libro, ecc. Tutte queste Civiltà, comunque, non avevano lo Zero nella loro numerazione. Abbiamo dovuto aspettare 600 anni dopo la nascita di Cristo perché in India si affacciasse un segno designante il nulla, sunya, un puntino che in realtà significa vuoto o spazio vuoto.

Se escludiamo gli astronomi e i mercanti (manco a dirlo), per i loro calcoli matematici, noi occidentali abbiamo aspettato il 1300 prima che gli Arabi ci facessero conoscere le cifre nel loro sistema di annotazione e il 1600 prima di adottare questo modo di scrivere i numeri. Proprio la parola “cifra” deriva dall’Arabo sifr che vuol dire “punto”, in altre parole, il puntino con cui s’indicava la colonna vuota della tavoletta da calcolo.

Nella simbologia numerica Cinese, Zero non esiste. Se per qualche esperto sunya, il simbolo inventato in India per indicare il nulla, il vuoto, assume questa connotazione anche in ambito filosofico, per i Cinesi il concetto di Numero Zero, a livello simbolico non esiste. E come dice Georges Charles “… per i Cinesi “c’è e non c’è”, il “non c’è” non è Zero, è qualcosa… il vuoto (XU 虛 – vuoto, libero, vacante, deserto) è un’altra cosa”. Infatti se cerchiamo sul dizionario di Cinese, lo Zero è indicato con il carattere 零 (LING), tutt’altro rispetto la semplicità del tratto dei Numeri Simbolici: Uno (YI 一), Due (ER 二), Tre (SAN 三),…

(1) Un segno è “una stesura grafica convenzionale” utilizzato spesso per sostituire la scrittura o le parole, in un gruppo più o meno ristretto di persone ed è usato molto spesso, erroneamente, come sinonimo di simbolo.
Il simbolo al contrario ha la caratteristica di innescare “… un processo che porta al coinvolgimento della conoscenza su un piano ben lontano, molto diverso dal razionale (Fabrizio Bonanomi)”.


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