Lo Specchio purezza dello spirito.


di Paolo Raccagni

Specchio in bronzo
Durante la pratica del QI GONG della Scuola SAN YI QUAN incontriamo frequentemente l'immagine dello Specchio, di solito in compagnia di altre immagini simboliche quali il Ventaglio e il Cerchio. 

La proprietà dello specchio è riflettere, senza modificarla, un'immagine dunque dice il vero. Questa proprietà dello specchio ne fa uno dei talismani più potenti adottati dai praticanti del TAO, perché rivela la vera immagine dei demoni i quali, spaventati da ciò che vedono, rimangono a distanza.

Nel Buddhismo la tradizione simbolica dello specchio rappresenta la purezza dello spirito, la saggezza della conoscenza, strumento attraverso la quale giungere all'illuminazione. Uno specchio fa parte dei Tre Tesori Sacri del Giappone (SAN SHU NO JINGI – una Spada, uno Specchio e una Giada). Spesso l'immagine dello specchio sostituisce (o è sostituita) da altre superfici “liquide” come uno stagno o un lago. Utilizzato in oriente, come in occidente, nell'osservazione dei movimenti celesti (da cui il nome latino specula per indicare gli osservatori astronomici), assume un simbolismo solare o lunare (la Luna nello Stagno). Il “Saggio che osserva la Luna” riflessa nello stagno o nello specchio, è simbolo della "non attività" (WUWEI) di colui che perfetto nella purezza dello spirito (ZHEN REN – “Uomo Autentico”), agisce secondo la Via con la spontaneità (ZI RAN) della propria semplice esistenza, “riflettendo” le cose senza influenzarle o esserne influenzato.

Talismani a forma umana
Nella pratica del FENG SHUI incorniciato da un ottagono, spesso riportante gli otto trigrammi, rappresenta la fusione armonica tra il Cielo (cerchio) e la Terra (quadrato).

Durante la meditazione del "Calendario di Giada" usiamo gli occhi come specchi sui quali la luce esterna (fenomenale) si riflette illuminando il paesaggio interno (luce nuomenale) ed invertendo il flusso del Soffio Vitale (QI) rivela l'aspetto originale del corpo. Anche nella pratica della “visualizzazione nello specchio”, a conclusione delle “Dodici Porte Tredici Posture”, il primo esercizio nella sequenza del LING BAO MING DAO YIN FA, cerchiamo di vedere riflessa l'immagine di un quadrato sormontato da un triangolo e un cerchio. Questa immagine osservata nello specchio è “interiorizzata” poi “proiettata” da noi stessi all'esterno. Possiamo interpretare questa visualizzazione come riflettere noi stessi, il nostro “doppio”, a livello dei grandi simboli o di diagrammi (l'Uomo Realizzato di Mencius), oppure come era d'uso nelle pratiche del LING BAO, osservare una calligrafia, un amuleto o un talismano (FULU), rappresentante un corpo umano.
 
Di questi talismani ne esistevano diversi all'interno dei "canoni esoterici" che ritraevano caratteri calligrafici o percorsi come “labirinti”, molti dei quali avevano rappresentata una testa o un volto. Talismani che, celebri a partire dall'epoca dei Song nel “Taoismo Magico” del LING BAO e nella tradizione alchemica del Sud della Cina, riproducono il movimento del Soffio Vitale all'interno del corpo umano. Dunque una rappresentazione di un “labirinto”, di un percorso iniziatico che rivela all'adepto il funzionamento sia del mondo interiore o interno (microcosmo) che del l'universo (il mondo degli dei, secondo il DAOJIAO, la corrente religiosa del taoismo).

L'Uomo Realizzato
Per l’adepto il corpo stesso è un “talismano” e rimanendo, il corpo, nel mondo reale non comprende che un solo aspetto, ovvero solo la metà dei “soffi divini” (le 18.000 divinità interne, riflesso delle 18.000 divinità celesti). Questa metà attraverso il lavoro del Soffio (QI GONG) o il lavoro alchemico interno (NEI GONG) può allora unirsi ai Soffi Celesti (le 18.000 divinità celesti) per completare l’unione con il Tutto (36.000, 3+6=9, la completezza) e diventare “immortale divino… senza difetto”.

Concludendo, rappresentiamo nella pratica dello Specchio – Ventaglio – Cerchio la ricerca dell’immortalità: con lo specchio (quadrato) riconosciamo la nostra parte divina, mancante, e la “incorporiamo”; col ventaglio (triangolo) prendiamo il nostro posto nell’universo (l’Uomo tra Cielo e Terra); attraverso cerchio ci eleviamo al Cielo, la nostra “trasformazione” o aspirazione. Non è dunque a caso che questa pratica sia posta alla fine dell’esercizio delle “Dodici Porte Tredici Posture” (ancor meglio nella versione a “36” porte) un viaggio iniziatico attraverso vari passaggi (Porte) di purificazione per giungere al Cielo.

La postura WUJI a piedi uniti: "... Rimetta a posto la candela!..."

di Yuri Debbi



Meglio accendere una candela che maledire l’oscurità.” (Proverbio Cinese)

Per quasi la totalità delle cosiddette Pratiche Interne (NEI FA): Qi Gong, Taiji Quan, Ba Gua Zhang, Xing Yi Quan o altri ancora, assumere la postura Wu Ji rappresenta in qualche modo l’inizio e la fine della pratica. Questa postura è il primo “esercizio” che il principiante si trova ad eseguire, anche se molto spesso è ignaro delle infinite potenzialità di ciò che sta facendo e pensa di essere “solo” fermo; allo stesso tempo questa postura è la tecnica ultima del “Maestro”.

All’inizio e alla fine della Via…
La Tecnica non conta! 

Come sempre l’Ideogramma Wu Ji ha molteplici significati, ma tutti alludono al concetto di Forma-Non-Forma, di una posizione così indifferenziata e libera da contenere la potenzialità di ogni cosa. Alcune possibili traduzioni, non tutte letterali, possono essere:

  • Non-Colmo.
  • Non-Vetta.
  • Suprema Vacuità.
  • Energia Non-Manifesta.
  • Energia Potenziale.
  • Caos Primordiale (HUN DUN).
  • Uomo Libero in Piedi.
Nella Scuola San Yi Quan del Maestro Georges Charles, alla quale le pratiche dell’Associazione TaoYin Italia fa riferimento, si dice spesso: Wu Ji è la postura del Centro Profondo (ZHONG SHEN), la postura fondamentale che genera ogni cosa. In questa posizione, la calma è all’esterno, ma il movimento è all’interno.

Senza voler entrare troppo nel dettaglio, assumendo questa posizione l’Allievo traccia idealmente una serie di assi che posizionano a tutti gli effetti l’Essere Umano (REN) nel giusto ed equilibrato mezzo fra Cielo (TIAN) e Terra (DI) allineando e manifestando nella pratica le Tre Potenze (SAN CAI).

Un Asse Verticale, passante dalla sommità del capo fino al perineo [1].
Un Asse Orizzontale passante per i malleoli [2].
Un Asse Orizzontale passante per la radice delle anche e la testa dell’omero [3].
Un Asse Orizzontale passante per il bordo esterno dell’occhio e il canale uditivo [4].

 Così facendo il praticante traccia nello spazio e su sé stesso l’Ideogramma WANG (王 Re, Imperatore), simbolicamente "Imperatori di sé stessi".

WU JI - "Imperatori di sé stessi"


Come sempre a seconda delle Scuole, delle Pratiche specifiche e delle Tradizioni, esistono infinite varianti di questa postura, ma nella sua esecuzione più comune, la larghezza delle gambe varia fra il minimo dato dalla larghezza delle anche ad un massimo dato dalla larghezza delle spalle. I piedi sono paralleli. Spesso si dice che una postura troppo stretta implichi un disequilibrio laterale; mentre una postura troppo larga implichi un disequilibrio frontale. Da questa postura si cerca poi di ripartire equamente il peso del corpo sull’insieme della pianta dei piedi.

WU JI a piedi uniti o YI MA BU

 

Una delle varianti di questa postura si ottiene unendo i talloni ed aprendo le punte dei piedi; allo stesso tempo anche le braccia, pur rimanendo libere tendono ad avvicinarsi un poco al tronco. Così facendo, si ottiene una postura che a volte viene chiamata YI MA BU (“Preparazione alla Postura del Cavaliere”) o TAI YI BU (“Postura della Grande Unità”).
Quest’ultimo nome suggerisce che, rispetto alla completa “indifferenziazione” della postura Wu Ji classica, in questa variante ci sia una sorta di primitiva riunione dove non solo non c’è differenza, ma c’è una vera e propria fusione dei concetti di: Struttura (TI), Forma (XING), Respiro (QI), Emozione (GAN), Intenzione (YI) e Spirito (SHEN).

A proposito di questa posizione, il “Maestro dei Tre Stili” Sun Lutang dice:

“Partite guardando in avanti, il corpo è dritto, le mani cadono.
Le punte dei piedi formano fra l’oro un angolo di 90°.
Rimanete in piedi dimorando nel vuoto.
Non è presente nessuna idea di movimento né di quiete.
L’essenza della Postura Wu Ji è la quiete ed essa produce il movimento.
Quiete significa che il petto è vuoto; di Forma (XING), di Respiro (HU XI) e di Emozioni (GAN).
Non sono presenti né Intenzione (YI) né pensiero.
Lo Spirito (SHEN) è stabilizzato dagli occhi.
Non si deve osservare niente di ciò che è interno e non si deve guardare niente di ciò che è esterno.
Se c’è un movimento, esso è il naturale fluire dell’Energia (QI) e non deve essere controllato.
La postura è come il Caos Primordiale prima della genesi dell’Universo (HUN DUN),
non si può dire se è chiaro o torbido.
Non ci sono forme differenziate in questa postura, d cui il nome Wu Ji.
È molto profonda, ma se tu riesci a capire questo,
il tuo corpo potrà raggiungere i più alti livelli e tu comprenderai la teoria.”

Nella mia personale interpretazione, questa postura è da considerarsi una variante “Leggera e Celeste” della postura Wu Ji che, letta in quest’ottica, diventa la versione “neutra ed equilibrata” e legata quindi all’Essere Umano. Il Maestro Wang Zemin, insegnane del Maestro Georges Charles, diceva:

Per i Cinesi l’Essere Umano è per lo più Celeste;
solo la pianta dei piedi appoggia a terra e si dice che:
“La Punta dell’Alluce è già in Cielo”.
Passiamo molto più tempo Morti che Vivi, tanto vale elevarsi verso il Cielo
che rimanere impantanati a Terra.

Avremo quindi una sorta di TIAN WU JI (Postura Celeste del Non-Colmo).

Eseguendo la postura Wu Ji in questo modo, avremo appunto le punte dei piedi più o meno divaricate e i talloni uniti: questa modalità di tenere i piedi è abbinabile a molti esercizi di Qi Gong e passi nelle Arti Marziali Interne ottenendo l’effetto di aumentare la “leggerezza” della postura e del passo, rendere aperti e disponibili nella forma, nell’emozione, nel pensiero e nello spirito; rendendo mobili nei passi, aprendo nuove direzioni e “Vie” nel movimento a tutti i livelli: fisico nello spazio, emotivo nei rapporti, intellettuale nel pensiero e forse, spirituale. Rende pronti ad essere “riempiti”.

 
TIAN WU JI - Postura dei piedi

Posizione del Coccige

Il peso è prevalentemente distribuito sull’avampiede, nella zona intorno al Primo Punto del Meridiano del Rene chiamato YONG QUAN (Fonte Zampillante); in questo modo l’Energia della Terra sale come Vapore sostenendo la postura dal basso e spinge verso l’elevazione. Il radicamento a terra e la rettitudine sono mantenuti dal coccige che punta come una freccia verso il centro della Terra attraverso il Punto HUI YIN (Riunione degli Yin) mentre la sommità del capo, in opposizione, punta il Centro del Cielo attraverso il Punto BAI HUI (Cento Riunioni). Il coccige punta a terra, ma tutto a partire dalla sommità del capo è elevato verso il cielo in una maggiore estensione. Il peso e tutto ciò che “pesa” è scaricato in basso; mentre l’Intenzione (YI) e lo Spirito (SHEN) si sollevano in alto assieme a tutto ciò che è leggero. Piedi, ginocchia e anche sono maggiormente libere e aperte e mantenute alienate sullo stesso asse: se i piedi puntano a circa 45°, così faranno le ginocchia e le anche attraverso l’apertura degli inguini (KUA).

Questo garantirà il mantenimento delle Tre Armonie Esterne (WEI SAN HE).

In questa postura, siamo in un certo senso la fiamma della candela che arde!

 

I piedi sprofondano nella cera calda come se fossero più in profondità rispetto alla linea del pavimento. Il coccige, come lo stoppino, penetra idealmente ancora di più, come se volesse raggiungere i più profondi meandri della terra. Nel ventre ardono le braci che scaldano e alimentano la fiamma ancora legate alla sommità dello stoppino. Nel petto, dove la forma dello stoppino non è più presente, la fiamma è più chiara, calda e più leggera in un misto di calore, luce e “respiro” (HU XI). Nella parte superiore (gola, collo e testa) la fiamma è chiara e leggera, la luce prevale e tutto tende come una freccia al cielo. Il risultato è una fiamma libera nel vento, luce nell’oscurità; una luce che illumina il cammino e che può accenderne altre. Tutte le caratteristiche attribuibili allo Shen.

In ogni occasione, mantenete la fiamma accesa!
 - Dal Film The Grandmaster -


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