Dao: quotidianità nel III° millennio - Intervista a Georges Charles

di Matteo Salvadori

Esiste una ripetitività, o una routine, o ancora un "rituale" che può portare o aiutare l'armonia nella sua vita di tutti giorni?

L’aspetto essenziale nella pratica è il rituale del “Saluto” (Jing Li) in quanto contiene la totalità della pratica stessa e, come suggerisce il nome, è il rituale di inizio di tutte le cose, ma deve essere inteso anche come rituale di - e per - la salute: in francese si dice "salut" (salutare) per accogliere qualcuno e "salut" (salute) quale concetto di salute. Il "saluto rituale" consente di ristrutturare sé stessi, riordinare sé stessi, rispettando l’asse naturale della vita utilizzando i quattro Orienti, che sono lo strumento per ordinare le cose nello spazio. L'ideale è posizionarsi con lo sguardo rivolto verso Sud. "Appoggiato e strutturato sullo Yin, abbracciando e accogliendo lo Yang". Se uno si sente "spaesato" o si sente "perduto", il saluto permette di recuperare il senso delle cose nel giusto ordine.

San Yi, il 3 nell’1. Allievo, Istruttore, Maestro. Mi spiega questi tre passaggi come sono stati per lei, e se ha aspetti positivi o negativi che riaffiorano alla mente e che hanno caratterizzato queste tre fasi della sua vita?
E oggi? come si reputa di fronte ai suoi allievi della Scuola? Non le piace esser paragonato ad un Maestro, ma se è quello che gli altri vedono in lei, come se lo spiega?

Studente, Istruttore, Maestro assomiglia alla triade “studio della pratica, pratica, realizzazione della pratica”. Nella prima impariamo a praticare. Nella seconda fase la fine è il nuovo inizio, come il nuovo percorso che si attua dalla cintura nera in poi nelle varie Scuole giapponesi. Nella terza fase la pratica diventa una realizzazione di sé stessi (realizzazione = azione del reale). Citando le parole di Confucio: "Ci si realizza per metà con la pratica, e l’altra metà mediante l'insegnamento". Insegnare è uno dei risultati della pratica. Ma per insegnare bisogna aver praticato, e per praticare bisogna aver studiato. Nessuno studio avviene senza una sua pratica, e al tempo stesso non si può praticare senza un suo studio. Bisogna quindi in primo luogo educare e formare gli studenti per formare dei praticanti, e conseguentemente formare sé stessi quali insegnanti per diventare Maestri. Se un Maestro non ha al suo seguito degli allievi che insegnino la materia, colui non può considerarsi tale ma semplicemente insegnante.
È un percorso, prima bisogna fare, poi si deve sapere, poi si sa fare, e infine saper far fare. Bisogna soprattutto porsi la domanda “perché fare?”, quindi rendere la pratica utile senza farla diventare un modo di gesticolare che può assumere la pratica quando diventa insensata, quindi senza senso come purtroppo succede sia in Cina che altrove. In India c'è una casta, quella dei bramini, i quali non possono fare altro che insegnare e trasmettere la loro conoscenza. Possono vivere con i loro insegnamenti, ma non possono arricchirsi mediante essa. Quando si insegna dobbiamo realizzare che non è questo lo strumento per arricchirsi, soprattutto quando si ha la possibilità di avere una qualità della vita soddisfacente. L'insegnamento è una vocazione, come quella del terapeuta, se non si ha questa vocazione per ciò che si fa è meglio allora fermarsi e cambiare "lavoro". Insegniamo perché vogliamo diventare dei buoni insegnanti che trasmettono qualcosa per cui ne vale la pena.
Gli studenti. Mi piace il principio cinese che considera la scuola tradizionale come una famiglia (Jia o Gar). Sifu è lo "zio" e considera i suoi studenti come i suoi nipoti, e loro lo considerano una sorta di "padrino", in senso buono. Vi è quindi una grande rispetto reciproco basato sui legami di sangue, la parentela, quasi un rapporto filiale, tra padre e figlio. Non è un rapporto alto-basso come un rapporto piramidale e guerrigliero come in Giappone. In questo legame di trasmissione rappresento un po’ il loro nonno: gli studenti sono quindi legati a me, ed io a loro.
Maestro: In Francia, come in Italia, il termine "Maestro" è abusato e non significa più nulla. L'unico modo che ho accettato è quello di "Maestro d'Armi" (Herald francese antico). Io preferisco quello di "Professore", che è più alto nella gerarchia. Ci sono troppi "piccoli maestri" come troppi "piccoli marchesi". In cinese il mio titolo esatto è "Shengren Daoshi" letteralmente "uomo compiuto che trasmette la Voce, la Via", e in effetti questo è lo stesso concetto di "esser compiuto, realizzato".
Mi piace l’idea che si possa pensare di essere compiuti, realizzati, ma non è il mio caso: ho ancora molto da imparare e da compiere in questa Via.
In Italia Maestro è un termine molto comune… per poi diventare "Dottore", "Professore", "Commendatore"... poi “Duce”! Non volevo diventare un dittatore, anche se generalmente gli insegnanti sono dei piccoli dittatori.

Quale è stato il momento nel quale ha realizzato che avrebbe investito tutta la sua esistenza in questo "percorso di vita" legato alle pratiche cavalleresche?

Sono stato vice direttore delle vendite in un’azienda che operava nel settore agroalimentare. Il mio capo un giorno mi ha inviato una lettera in cui mi ha scritto che "Non è possibile eseguire due cose alla volta. Si deve scegliere tra il lavoro e il tempo libero". Ed io ho scelto. Mi sono dimesso.
In quel momento ho realizzato che avrei dedicato la mia intera vita alla pratica e alla sua trasmissione. Questo è successo nel 1977. Sono ormai quarant’anni, e non me ne pento. Sinceramente devo constatare che non è stato facile, e se dovessi nuovamente scegliere, probabilmente lo rifarei, anche prima, anche nel 1970!

La sua quotidianità è impregnata di Dao? Quando lava i piatti, lo fa con la serenità del Dao?

Dao. La Via. È semplicemente parte integrante della mia vita come le ore ed il tempo che fanno parte e scandiscono la mia vita. A volte è necessario seguire il tempo e gli orari (per prendere un treno o un aereo), a volte non ci interessa perché non abbiamo ‘orari’ da dover seguire. Non guardo quasi mai l’ora, ma al tempo stesso sono raramente in ritardo. Ma il Dao mi da la possibilità, fortunatamente, per me di arrabbiarmi, altrimenti non sarebbe il Tao! Quindi la serenità arriverà in un altro momento.

Momento complicato della sua vita: quali sono stati gli strumenti adottati che sono risultati efficaci per procedere al meglio in questa situazione difficile?

Quando mi trovo in situazioni difficili cerco di semplificare e vedere le cose con una nuova prospettiva, e mi ripeto sempre che ci sono un sacco di persone che si sono trovate in situazioni anche ben peggiori della mia e che sono riuscite a risolvere i loro problemi. La Via-vita è l'unica vera avventura, sessualmente trasmissibile, della quale siamo sicuri di non poterne uscirne vivi. E realizzo che nel dubbio bisogna passare all’azione perché è la cosa più facile. Bisogna ritornare all’essenziale della vita, conservando in sé la propria rettitudine, sia essa fisica, psichica, morale.

C'è qualcosa che vorrebbe fare e che non è ancora riuscito a finalizzare?

Ci sono un sacco di cose che avrei voluto fare, come imparare a suonare un po’ di musica (per incantare e affascinare i serpenti!) o imparare a gestire vari aspetti economici del nostro tempo, così da non farmi truffare dalla mia banca, o dal mio assicuratore. E poi le tasse e le imposte, ma è solo questione di tempo. Quindi bisogna fare le cose con attenzione. Recentemente sto lavorando e terminando la stesura di un libro riguardante la resistenza: bisogna quindi resistere.

Progetti per il futuro?

Progetti per l’avvenire? Continuare a praticare, a studiare, a trasmettere e nella mia realizzazione personale per poi dire a me stesso: "Non voglio sprecare il mio tempo!".

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1 commento:

  1. A seguito della interessante intervista a Georges Charles da parte di Matteo Salvadori , faccio qualche considerazione in particolare sui temi posti nella seconda domanda e sulla parola “maestro”.

    Dice Georges Charles che il termine “Maestro” è abusato e non significa più nulla … che in Italia è molto comune … che può diventare “Dottore” , “Professore” , “Commendatore” .. anche “Duce” ! Insomma, direi che prevale in lui una accezione in complesso negativa del termine. Per me non è così ( e credo sia la lingua madre francese e non italiana del MAESTRO! a dargli queste sensazioni particolari ): Maestro è innanzitutto quello delle scuole elementari, figura positiva che per prima si sostituisce a quella dei genitori, rassicurante prima che preoccupante, che av/via ad una via/vita indipendente, ed è anche il Maestro d’Orchestra, colui che è al massimo perché tutto ha studiato e tutto conosce e tutto fa funzionare ( sa far fare , come dice Charles), nel rispetto delle singolarità e dei contributi di tutti e non certo un duce. E, quindi, evviva il termine maestro, mi piace, è caldo, materno e paterno al tempo stesso, è davvero Tai Ji , Yin e Yang.
    Altra questione è chi è maestro e chi non lo è nell’ambito che ci interessa, cioè delle discipline energetiche e marziali; per quanto mi riguarda, innanzitutto, Georges Charles è un “Gran Maestro” , cioè un Caposcuola , persona che ha creato sequenze, stili, metodi di insegnamento e che inoltre ha maestri indipendenti che lo riconoscono come tale.
    Il tema è davvero interessante ed ognuno la pensi come vuole … per me, maestro non è certamente colui che ha avuto particolari attestati ( esso è l’istruttore, od anche l’insegnante, distinto dal maestro ) ma colui che così, coraggiosamente, si autoproclama, e questo è un aspetto che ha come implicazione che maestro bisogna sentirsi (è una vocazione come dice Charles), bisogna soprattutto non avere più bisogno , bisogna essere consapevoli di voler camminare innanzitutto con le proprie gambe e questo non significa comunque non desiderare, sempre, di apprendere , da chiunque, cose nuove, ed anche , cosa più difficile, riconoscere, se è il caso , di aver sbagliato e, quindi, di voler cambiare.
    E’ vero anche che, comunque, maestro è sempre un concetto biunivoco; maestro è cioè colui che ha degli allievi, persone che lo riconoscono come tale: maestro.

    Firmato
    “ maestro” Michele Marchesini

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