Lo Yin - Yang tra le insegne dell’Impero Romano?


di Paolo Raccagni

L’utilizzo di simboli non è una prerogativa delle culture orientali. Tutte le tradizioni, come quella Cinese Classica, sono molto vincolate al loro utilizzo in quanto il simbolo ha la capacità di introdurci in un mondo diverso, fuori dai consueti canoni della cultura moderna, legata prevalentemente ad un tipo di sapere discorsivo e razionalistico. Utilizzare un simbolo significa essere in grado di “mettere insieme”, “intrecciare”, “legare” corrispondenze che altrimenti, attraverso il linguaggio e la scrittura, non possono essere esplicitate. Mentre la cultura moderna, laica, tende a basarsi su elementi chiari e distinti dove il significato è il più possibile univoco, la sapienza tradizionale si indirizza, anche attraverso l’uso dei simboli, a molteplici registri dello spirito umano, a legarne gli aspetti più diversi e permettere un’impressione d’insieme. Il simbolo diviene allora un’espressione unificatrice in grado di racchiudere in se significati apparentemente inconciliabili ad una riflessione logica ed interpretarli su diversi livelli di conoscenza, senza limitarsi a quello verbale.

Dopo questa premessa non è così “sconvolgente” ritrovare corrispondenze simboliche tra le arti figurative in Oriente e in Occidente. Quello che ritengo invece “sconcertante” è che queste relazioni non siano mai state rilevate ne approfondite.

Nel mio peregrinare nel web ho incontrato delle immagini che hanno destato in me molta curiosità. Queste immagini, infatti, riguardano dei simboli riconducibili al taiji tu, più comunemente conosciuto come la figura dello yin-yang.

Yin-Yang

Lo yin-yang rappresenta le due modalità opposte e complementari secondo cui si esprime la realtà. Si possono definire delle “categorie” grazie alle quali classificare e definire tutti fenomeni che appaiono sulla terra ed un criterio per osservare il cosmo e l’uomo. Sono quindi concetti astratti e non sostanze concrete. Per meglio comprendere il loro dinamismo utilizzo questa metafora: quando il sole rischiara una parte di una montagna, questo versante è yang, quando il sole cambia posizione nel cielo, lo stesso versante passa in ombra e diviene yin. Nulla è cambiato della montagna.

Il sole illumina il versante della montagna (lo yang sale),
il versante opposto è in ombra (lo yin scende)

L’ideogramma yang 阳, rappresenta il versante soleggiato e designa per analogia la luminosità, il giorno, il Cielo, la luce, il sole, il fuoco, il calore, l’estate, il mezzogiorno, il sud. L’ideogramma yin 阴, rappresenta quindi il versante in ombra, l’oscurità, la notte, la Terra, il buio, la luna, l’acqua, il freddo, l’inverno, la mezzanotte, il nord.

Il Notitia Dignitatum

Il testo a cui faccio riferimento è il “Notitia dignitatum et administrationum omnium tam civilium quam militarium” (Notizie di tutti i ranghi ed uffici sia civili che militari), nella copia digitale della Bodleian Libraries, University of Oxford.

È una raccolta di testi, particolarmente ricchi di illustrazioni, che riguardano la geografia e l’amministrazione, civile e militare, del tardo Impero Romano (fine del IV e metà del V secolo d.C.). Prodotto a Basilea, Svizzera, nel 1436 i testi sono quasi tutti copiati da un volume carolingio poi conservato nella biblioteca del duomo di Spira (ora distrutto). Si presume che le miniature siano di un artista francese e la scrittura come le capolettera di un copista italiano, probabilmente padovano. Nonostante sia un testo di rilevante importanza per gli studiosi, non si sottrae alle critiche e a qualche riserva in quanto la sua provenienza è ancora dubbia.

Le Immagini

Come accennato in precedenza la mia curiosità si è soffermata su alcune immagini relative al simbolismo dello yin-yang. Nel particolare l’immagine dello scudo degli “Armigeri Defensores Seniores” (folio 135v, rigo 4, figura 3) dove ritroviamo il simbolo del taiji, nella sua forma dinamica, racchiuso in un bordo rosso con un campo principale diviso in due dal motivo dei due “pesci”, uno giallo e uno viola, con il cerchio centrale (l’occhio del pesce) non di colore opposto, come nel classico simbolo cinese, ma entrambi di colore rosso. Da notare che il simbolo del taiji tu, come lo conosciamo noi, è noto in Cina solo dalla dinastia Song (960 - 1279 d.C.) 500 anni dopo la stesura del Notitia Dignitatum.

 

Altra immagine interessante è quella dei “Thebei” (folio 134r, rigo 3, figura 3) un altro reggimento di fanteria romano d'Occidente che si riferisce chiaramente a Tebe, in Egitto.In questo caso lo scudo rappresenta un’altra forma del simbolismo del taiji quella che si definisce statica. Il disegno rappresenta dei cerchi concentrici, separati da un diametro verticale che assumono un colore opposto: rosso o marrone e giallo. Questa immagine la ritroviamo in diversi testi dove si ripropone in modo schematico la cosmogonia tradizionale dell’antica Cina.


Altre figure simili, ma non di minore suggestione, sono relative allo scudo dei “Mauriosismiaci” (folio 136v, rigo 4, figura 2) e degli “Ascarii Seniores” (folio 99v).


In questa ricerca mi sono soffermato sui parallelismi grafici tra gli scudi dell’Impero Romano e il simbolismo cinese del taiji tu. Ho tralasciato completamente l’arte Celtica dove lo stesso simbolo è presente in modo esplicito (vedi alcuni esempi grafici) come anche nell’arte Etrusca. 

Questi parallelismi sembrano dare ragione al pensiero di Guénon che ipotizza un concetto di “atemporalità” e universalità del pensiero esoterico che attraversa tutte le culture.

Nella stesura di questo post mi sono avvalso anche del bellissimo articolo di Giovanni Monastra pubblicato nella rivista Futuro Presente n.8 di cui il link e al quale ho “rubato” il titolo.

Altro materiale riguardante gli scudi romani citati nel Notitia Dignitatum l’ho ricavato dal sito di Storia Militare di Luke Ueda-Sarson che invito ad andare a vedere.

Cito anche il blog Viva I Ching dell’amico Valter Vico in cui sono capitato durante le ricerche del materiale per questo post e che aveva già pubblicato un articolo sullo stesso argomento (un caso?).

 

Ba Xian - Gli Otto Immortali

di Paolo Raccagni

Parte integrante della tradizione orale Cinese durante le dinastie Tang e Shang, gli Otto Immortali (Bā Xiān 八仙), diventano figure leggendarie, cogliendo il consenso popolare, durante la dinastia Ming, dopo la loro apparizione all’interno del poema  di Wu Yuantai (吳元泰) “Viaggio in Oriente Origine degli Otto Immortali (八仙出处东游记)”. Alcune fonti li mettono in relazione a personaggi storici realmente vissuti, altre attribuiscono loro un riferimento a 8 diversi gruppi di Scuole Taoiste. Il mito li pone sul monte Penglai, isola paradisiaca nel mezzo del mare di Bohai, dove trascorrono la loro immortalità e dalla quale partono in volo, sulla loro nuvola, per accorrere a sostegno della giustizia e per sconfiggere il male.

Etimologicamente Bā Xiān si compone di due ideogrammi: bā (八) il numero “otto” e xiān (仙) “immortale” o “essere celeste”. Nella simbologia numerica bā è associato alla suddivisione dello spazio e del tempo: le Otto Direzioni (4 punti cardinali e 4 punti sotto cardinali), gli Otto Trigrammi (Bāguà 八卦 - le energie che pervadono il mondo e a cui l’umanità è condizionata), le Otto suddivisioni del calendario (i due solstizi, i due equinozi e i quattro inizi di stagione). Il numero “otto” dunque rappresenta una totalità con un aspetto “circoscritto”. Xiān stesso è ulteriormente composto da due ideogrammi: rén (人) “persona”, “uomo” o “umanità” e shān (山) “montagna” (quindi un immortale è una persona che vive sulla montagna…). Anche gli Otto Immortali sono soggetti all’organizzazione del Pensiero Cinese, dunque riconducibili all’interno del sistema degli Otto Trigrammi e dei Cinque Elementi (wǔ xíng 五行).

 

Gli Otto Immortali in relazione ai Cinque Elementi e a gli Otto Trigrammi
Tratto da: benebellwen.com

 Gli Otto Immortali, per la loro popolarità, sono spesso raffigurati su  ogni tipo di oggetto come ceramica, avorio, bronzo, ricamati su seta oppure su disegnati su amuleti posti a protezione della casa, della famiglia o del singolo individuo. Normalmente rappresentati riuniti in gruppo durante banchetti, giochi popolari o in situazioni che richiamano episodi della loro mitologia, occasionalmente potremmo ritrovarli ritratti individualmente. La rappresentazione più nota degli Otto Immortali si trova all’interno del Tempio dell’Eterna Gioia, il più grande tempio Taoista della Cina, che si trova nella contea di Ruicheng nella provincia dello Shangxi. La sua costruzione iniziò nel 1247 d.C. proprio per adorare Lu Dongbing uno dei Bā Xiān. Rappresentano ognuno di loro le diverse categorie di individui: maschio, femmina, vecchio, giovane, ricco, povero, nobile e umile. Chiamati anche “Gli Otto Erranti” o “Gli Otto Vagabondi” ogni Immortale può essere rappresentato anche solo con l’oggetto che lo caratterizza (Otto Tesori, Babao 八寶), uno strumento di potere che può dare vita o distruggere il male.

 

 He Xian Gu - La Donna Immortale

L’unica donna tra gli Otto Immortali è la”fata” che veglia sui focolari domestici. La leggenda vuole che già dalla nascita avesse caratteristiche particolari e, ancora adolescente, le apparve in sogno una divinità che le disse di mantenersi vergine, nutrirsi di polvere di madreperla e di luce lunare in modo che il suo corpo non fosse corruttibile e diventasse immune alla morte. Il suo simbolo è il fiore di loto, ma spesso è rappresentata con una pesca dell’immortalità, con uno strumento musicale chiamato sheng, oppure con un mestolo per dispensare saggezza.

 Cao Go Jiu - Lo Zio (Reale) Cao

Il suo vero nome è Cao Jingxiu e si dice che fosse il fratello minore o lo zio materno di Yinzong imperatore Song del X secolo, oppure il figlio di un comandante militare… Legato alla famiglia imperiale abusò, con il fratello minore, dei suoi privilegi. Il fratello fu giustiziato, Cao si ritirò in eremitaggio. Incontrando gli immortali Han Zhongli e Lu Dongbin fu iniziato, sotto la loro guida, alle pratiche magiche e alla coltivazione delle tecniche di Lunga Vita conseguendo a sua volta l’immortalità. Protettore degli attori, del teatro e della recitazione è rappresentato spesso con gli abiti da ufficiale della corte imperiale, tiene in mano una tavoletta d’oro o di giada con la quale può purificare l’aria (Qi) o con delle nacchere, suoi simboli di potere.


Li Tie Guai - Li Stampella di Ferro

Il suo mito lo descrive come un giovane di bell’aspetto con il dono di liberare la propria anima dal corpo. In uno dei suoi viaggi astrali il discepolo che doveva sorvegliare e accudire il suo corpo, lo credette morto. Come tradizione il discepolo bruciò il corpo del maestro il quale, al suo ritorno, si trovo senza corpo dove ancorare il suo spirito. Questa condizione lo costrinse a scegliere il cadavere di un mendicante ed è proprio con questo aspetto che viene raffigurato. Spesso rappresentato con il suo inseparabile rospo a tre zampe è il protettore dei malati, possiede come simboli delle sue facoltà una stampella di ferro che utilizza come bacchetta magica e come mezzo di trasporto e una grande zucca nella quale è contenuto un elisir che guarisce ogni malattia.

Lan Caihe - L’Ermafrodito

Nelle raffigurazioni moderne è rappresentato come un ragazzo, ma nel tempo ha avuto l’aspetto di una ragazza che porta un cesto di fiori, rappresentazione della caducità della vita, di un anziano simbolo di longevità o di un mendicante, scalzo ad un piede che canta sulla vita fugace e i suoi piaceri ingannevoli, distribuendo il denaro ricevuto in elemosina a gli altri bisognosi. Protettrice dei fioristi, con il suo canto e la sua musica ha la capacità di comunicare con gli dei.

Lü Dongbin - Il Leader

Studioso, poeta e spadaccino esperto, nacque nell’VIII secolo (796 d.C.) con il nome di Lü Yán (呂巖) a Xian, durante periodo Tang, fu inserito tra gli immortali dopo la sua morte. La leggenda che lo riguarda lo vuole discepolo di Zhongli Quan. Invitato a casa dal maestro si addormento e nel sogno si vide funzionario imperiale di alto rango, sposato con molti figli. Caduto in disgrazia e licenziato dalla corte, vide morire la sua famiglia e ritrovarsi in miseria. Ritornato alla realtà si interrogò sui vantaggi del successo terreno e abbracciò il Taoismo. Figura mitica tra le più popolari in Cina, vi sono numerosi templi a lui dedicati tra cui il citato Tempio dell’Eterna Gioia. È il “capo” degli Otto Immortali, è rappresentato con una lunga barba (è il protettore dei barbieri) e con una spada volante (o doppia spada) legata alla schiena con la quale combatte il male. Un altro suo attributo è lo scacciamosche.


Han Xiang Zi - Il Filosofo

Si narra che Han Xiang Zi fosse nipote di un famoso studioso neo confuciano del IX secolo, Han Yü. Lo zio, avendo deciso per lui una carriera da funzionario, lo iscrisse ad una scuola  Confuciana. Notando che Han Xian Zi non aveva nessun interesse per gli studi decise di iscriverlo ad una scuola Buddista. Anche questa esperienza fu fallimentare. Avendo sviluppato la capacita di cambiare l’ambiente che lo circondava Han Xian Zi decise di ritornare al proprio paese e seguire gli insegnamenti Taoisti di Lü Dongbin e Zhongli Quan. Protettore dei musicisti è molto amato anche dagli agricoltori in quanto con il suo flauto magico, quando suonato, provoca la pioggia.


Zhang Guo Lao - L’Anziano

Era un famoso eremita con l’abitudine di cavalcare il suo asino bianco rivolto verso la coda dell’animale. L’asino era magico, poteva percorrere distanze immense e quando Zhang Guo Lao si fermava per riposare ripiegava il suo asino come carta e lo poneva nella sua sacca da viaggio. Alla ripartenza era sufficiente versare dell’acqua sopra la bocca dell’animale perché riprendesse la forma naturale da asino. Si narra che Zhang Guo Lao era già centenario e si finse morto quando l’imperatrice Wu Zetian (624-705), fondatrice della dinastia Zhou, lo chiamò a corte. Rispose solo, alcuni decenni dopo, all’imperatore Tang Xuan Zong (685-762). Rimase a palazzo alcuni anni per ritornare poi alla sua vita da eremita. Oltre per il suo asino l’immortale è riconoscibile anche da un altro attributo, un tamburo di bambù e due aste per colpirlo. Il suono del suo strumento può ridare la vita.


Zhongli Quan ( o Han Zhongli 汉钟离)

La leggenda che lo riguarda vuole che fosse un famoso generale della dinastia Han da cui l’altro nome con cui è conosciuto: Han Zhongli. In una feroce battaglia perse completamente le sue truppe. Non potendo tornare, per la vergogna, alla capitale decise di vivere come asceta sul monte Zhongan. Qui apprese i segreti dell’alchimia da Donghua Dijun che lo istruì nella dottrina dell’immortalità. Durante una grande carestia che colpi la popolazione di una provincia cinese, con la sua conoscenza alchemica trasmutò rame e peltro in argento. Distribuendo questo tesoro ai poveri riuscì a salvare molte vite. Rappresentato con una grande pancia, sempre scoperta, tiene in mano un ventaglio con il quale spegne il fuoco dei momenti di rabbia e che utilizza per riportare in vita i morti.