Arte Cavalleresca e Arte Marziale

Questo post è tratto dal libro di G. Charles “Le Kung Fu Wushu en Souriant (Il Kung Fu Wushu col sorriso)” - Edizioni BUDO. E’ un estratto, tradotto e rielaborato, dal Primo Capitolo, dunque non integrale, cercando di mantenere comunque il senso ironico e la “leggerezza” che contraddistinguono sempre le lezioni di George Charles. Con ironia e leggerezza non voglio dire che gli argomenti trattati siano “banali”, ma solo affermarne la fruibilità anche per coloro che non sono “addetti ai lavori”.
Paolo Raccagni

In occidente raggruppiamo sotto la definizione “arti marziali”, come se si trattasse di un’entità unica e globale, un piccolo mondo eterogeneo proveniente probabilmente dall’Estremo Oriente e che mette insieme sia chi rompe mattoni, tavolette di legno o cubi di ghiaccio, sia chi porta a casa delle medaglie dai giochi Olimpici. Chi gesticola in cadenza su un parquet; chi si rotola su un tatami (ora in schiuma e non più in paglia di riso); chi si muove lentamente nei parchi municipali tutte le mattine; chi si veste da Ninja o da falso monaco per assicurarsi di essere ben riconosciuto; chi si trasforma in albero e non si muove più; chi, con l’aiuto di varie armi, taglia tutto ciò che è alla sua portata; senza dimenticarci di coloro ai quali tendete una mano, e che ve la torcono in tutte le direzioni con il pretestuoso motivo dell’autodifesa.

Marte? Un macellaio psicopatico
in gonnella di cuoio.
Ora lo si voglia o no il termine “marziale”, quando non si tratta del soprannome di un abitante delle campagne francesi dai capelli rossi, indica ciò che è in rapporto diretto con Marte, il dio della guerra caro ai Romani e che ritroviamo in Grecia antica sotto l’affascinante nome di Ares. In un caso come nell’altro, un individuo simpatico che assomiglia molto ad un macellaio psicopatico in gonnella di cuoio.

La tradizione classica vuole, e questo è comprovato nell’Iliade, che al dio Marte piaccia rivestirsi della pelle dei suoi nemici scorticati vivi. Giusto per darsi un tono. Un eccellente esempio per la gioventù d’oggi e per coloro che desiderano praticare una “martial art” autentica.

Il termine “marziale” che proviene in fatti dagli USA (martial arts; martial artist,…), è il termine peggiore che si può scegliere per designare queste pratiche (sfortunatamente lo si fa senza porsi la minima domanda al suo utilizzo), e che ne devia il loro senso originale. In Cina come in Giappone la terminologia corrispondente a queste pratiche è tutt’altra.

BU, in Giappone e WU in Cina, corrispondono al “Coraggio Cavalleresco”, per estensione agli affari militari, e sono scritte con lo stesso carattere 武 composto da due radici: ZHI 止 che significa “arrestare” e GE 戈 che significa “alabarda, arma pericolosa e mortale”. Si tratta in realtà ed etimologicamente, di arrestare l’alabarda dunque di “far cessare la violenza”. I commentari ai dizionari classici aggiungono:
  • WU (Cina) BU (Giappone): cavalleresco, coraggio e per estensione “marziale”.
  • ZHI (Cina): far cessare, arrestare, impedire, stoppare. Anticamente l’impronta di un passo, fermarsi alla frontiera, il giusto limite da non oltrepassare.
  • GE (Cina): alabarda ad uncino, arma mortale.
  • ZHENG (Cina): la rettitudine, la qualità di uno spirito dritto, “ colui che, per sua attitudine e coraggio, arresta l’alabarda”
  • SHANG (Cina): il più elevato, al di sopra di.
Il carattere ZHI identifica bene un’impronta di un piede e non il fatto di marciare. Non si tratta in alcun caso di “far marciare le alabarde”, la guerra, ma di arrestarle al giusto limite al fine di proteggere la frontiera, dunque la Pace. Il carattere SHANG indica che ZHENG (la rettitudine) contiene una ricerca di elevazione e non si limita solo ad una pratica di combattimento “terra terra”. WU: far cessare la violenza.

L’arte marziale sta all’arte come la musica militare sta alla musica o come la giustizia militare, la corte marziale, sta alla giustizia. Una caricatura pericolosa. Esiste un termine legato al coraggio, alla rettitudine e alla cortesia: cavalleresco, ma sembra evidentemente qualcosa un po’ sorpassato” (G. Charles).

Sostituire il termine “marziale” che implica violenza, contrario al senso stesso degli ideogrammi utilizzati, con Coraggio o Cavalleresco che corrispondono meglio al carattere WU, avremo che BUDO potrà essere tradotto come “La Via del Coraggio” e WUSHU come “Arte Cavalleresca”.

WU: far cessare la violenza - Arte Cavalleresca
L’Arte Cavalleresca consiste nella ricerca dell’accordo, ovvero dell’armonia, più che il “menar le mani”. Il Cavaliere è dunque colui che, per la sua attitudine alla rettitudine, fa cessare la violenza senza utilizzarla, se non come ultima istanza. Ma se questo accordo non può essere trovato è fuori questione lasciar perdere senza agire. “Anche al Buddha se gli pesti un piede tre volte di seguito si arrabbia”, afferma un proverbio cinese.

Come precisa Confucio “occorre dare alle parole il giusto valore” (ZHENG MING - letteralmente “Rettitudine dei Nomi”).

Le immagini sono tratte dal libro "Le Kung-Fu Wushu en souriant" di G. Charles - Ed BUDO

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