Il Matriarcato Naxi

 di Paolo Raccagni

Il mio ritorno in Cina (aprile 2025), questa volta solo come “turista”, aveva come scopo incontrare (conoscere è un’espressione troppo impegnativa) alcune delle minoranze etiche che popolano questo enorme paese. Non sono un archeologo e nemmeno un antropologo, ma la curiosità e l’osservare fuori dai pregiudizi mi hanno sempre accompagnato in tutti i miei spostamenti.

Oltre agli Han, l’etnia principale che rappresenta il 92% della popolazione cinese, esistono 56 Mínzú (民族, nazionalità) gruppi etnici ufficialmente riconosciuti dalla RPC. Queste cosiddette minoranze fanno parte, ognuna con le loro differenze linguistiche, culturali e razziali, di un’unità etnica più vasta denominata 中 华 民 族 Zhōnghuá Mínzú, letteralmente "Etnia Cinese".

Qui, nel particolare, vorrei parlarvi dei Naxi (o Nakhi, 纳西族 Nàxī zú) un gruppo eterogeneo di circa 300.000 persone, sicuramente di origine tibetana, attualmente concentrata nell’area della prefettura di Li Jiang (Lìjiāngshì 丽江市) nella provincia dello Yunnan e in alcune aree ristrette del Sichuan. Li Jiang si trova in una zona montagnosa a 2.400 metri di altezza a Nord-Ovest del Tibet e possiamo definirla, secondo i canoni cinesi, una “piccola città” in quanto ha una popolazione di “solo” 1.300.000 abitanti.

Questo gruppo è fortemente caratterizzato dalla componete femminile che lo inserisce in un tema di società matriarcale, ancora oggetto di dibattito e studio, anche se dagli anni ‘90  i componenti più giovani si stanno adeguando alla modernità di una famiglia nucleare e alla monogamia.

Donne con costumi tradizionali Naxi (tratta dal web)

All’interno dei clan familiari le matriarche sono tuttora le amministratrici, le proprietarie e le responsabili della casa nonché dei campi, del bestiame e dell’educazione dei figli i quali assumono per via materna (matrilineare) il cognome. Agli uomini sono delegati lavori artigianali come la lavorazione del legno, costruzione di mobili, la cura e l’accudimento dei figli, della casa e la condotta dei riti e dei culti.

Sciamano Naxi, una prerogativa del sesso maschile, mentre compila
un documento ufficiale (tratto dal Web)

 Un aspetto che personalmente ritengo particolare è che nelle relazioni di coppia vede la donna protagonista nella scelta del padre dei suoi figli. Ancora adesso, nelle zone rurali della etnia Naxi, non è convenzione il matrimonio, ogni figlio maschio o femmina, generato in una relazione, resta in seno alla famiglia della madre, il padre è libero e non occorre alcun riconoscimento in quanto il figlio o la figlia assumerà il nome del clan di appartenenza della madre ed il suo accudimento e la figura paterna sarà svolta dallo zio materno.

Nonostante tutto ciò gli studi ritengono che non è possibile definire i Naxi come una società di tipo matriarcale in senso stretto in quanto i sovrani locali furono sempre di sesso maschile ed il lavoro ancora grava principalmente sulle donne.

Anche nella nella lingua e nella scrittura (东巴 Dōngbā), caratterizzata quest’ultima da particolari pittogrammi, viene evidenziata l’importanza delle donne all’interno della struttura sociale, in particolare nei concetti di femmina-grande e maschio-piccolo. Ad esempio avvicinando due sostantivi come femmina e pietra si determina il concetto di “masso”, mentre la vicinanza di maschio e pietra si definisce un “ciottolo”.

Li Jiang: segnaletica stradale in ideogrammi cinesi,
lingua inglese e pittogrammi Dongba

Con lo stesso termine Dongba si indica la tradizione sciamanica Naxi ed è lo stesso sciamano che adempie e presenzia a tutte le cerimonie recitando, danzando i rituali specifici (anch’essi definiti Dongba) e stilando documenti ufficiali in caratteri Dongba.


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