di Paolo RACCAGNI
Difficile è spiegare ciò che non può essere descritto. Già Laozi nel Capitolo 1 del Daode jing o il "Libro della Via e della Virtù", ammonisce che "La via che uno enuncia - Non è la Via - il nome che uno pronuncia - Non è il Nome”. Come fare dunque a rivelare un principio che al solo parlarne perde parte del suo significato?
Gli antichi sapienti sono dunque ricorsi all’utilizzo di un simbolo. Quest’ultimo ha la capacità di trasmettere una conoscenza, permette di risvegliare un’intuizione che il linguaggio non può esplicare. Il linguaggio, come la scrittura, non può che esprimere un pensiero alla volta. Ora, il simbolo riesce, indirizzandosi nello stesso tempo a molteplici registri dello spirito umano, a legarne gli aspetti più diversi e permettere un’impressione d’insieme. E questo simbolo è giunto fino a noi nella forma del Taiji (Taijitu 太極圖) o più comunemente conosciuto come il simbolo del Dao (Tao 道) o dello Yin (陰 - 阴) e Yang (陽 - 阳)(*).
Essenziale nella sua naturalezza è un’immagine ricca di stimoli che riesce a rispondere in modo semplice a domande complesse. Può diventare lo strumento che possiamo utilizzare quando ci occorre una risposta o una conferma. È sufficiente osservarlo.
Analizziamo la sua forma. Innanzitutto spogliamoci del materialismo occidentale, che potrebbe essere ingombrante e forviante. Avviciniamoci con il sano e semplice atteggiamento di un contadino di prima della nostra era che per seminare aspetta la luna buona e per sapere che tempo farà guarda il tramonto e le stelle. È circolare, come l’orizzonte, come lo è ogni simbolo che sia legato al Cielo, a ciò che è spirituale e divino, ciclico e ripetitivo. Circolare come ciò che esprime i concetti umani di perfezione, infinito e intangibilità. Non ha inizio né fine, né direzione, né orientamento. Rotondo come lo sono il Sole e la Luna, come tutti i pianeti e le stelle (Sole, in alchimia è il simbolo del metallo analogo, l’oro). Nel Buddismo Zen il cerchio indica l’illuminazione, la perfezione dell’uomo in sintonia con il principio originario. Allontanandosi dal centro, tutto si divide e si moltiplica, al centro tutto coesiste ed è contenuto in un punto, l’Unità, la perfezione.
Paragonandolo ai pianeti dell’universo abbiamo introdotto un’altra sua caratteristica: ha un volume, dunque è sferico. La sfera è l’evoluzione diretta del cerchio verso la completezza e la totalità, fornisce a quest’ultimo la terza dimensione, la superficie sulla quale l’uomo rappresenta il tempo e l’eterno riprodursi di tutte le cose.
“Compatto e sottile si formano l’uno dall’altro - Alto e basso si girano uno verso l’altro. (Capitolo 2 del Daode jing)”
Una zona è più chiara e sale, l’altra è più scura e scende. Una è dunque più leggera e l’altra è più pesante. . Come due pesci che si rincorrono nello stagno non sai chi insegue chi. Yang e Yin, i due principi, si fondono l’uno nell’altro senza che nessuno dei due perda la sua identità. Come il giorno e la notte, la luce e l’ombra, uno non esiste senza l’altro.
“Ognuno nel mondo decide il Bello – Ed ecco venire il Brutto – Ognuno nel mondo decide il Bene – Ed ecco venire il Male. (Capitolo 2 del Daode jing)”
Bene e Male. Non dobbiamo cadere nella mistificazione occidentale dove lo Yin è puramente e semplicemente “malvagio” e lo Yang privo di cattiveria. Nessun taoista ha mai insegnato tutto ciò. Si tratta di una deformazione che non ha nessun rapporto con il pensiero, la filosofia e la tradizione cinese… e meno ancora con il Dao.
“La Via smussa le loro punte . (Capitolo 4 del Daode jing)”
Riportiamo lo sguardo sul Taiji. La linea che divide i due settori è curva, non è retta. Se lo fosse indicherebbe che i due principi, rappresentati nel simbolo del Taiji, sono in uno stato di immobilità. La linea curva dimostra che Yin e Yang sono in uno stato dinamico di moto circolare.
“Il movimento del Dao è il ritorno”
Lo Yang sale e lo Yin scende, quindi lo Yang ha la sua origine in basso e lo Yin in alto. I due cerchi più piccoli, gli “occhi” dei due “pesci”, uno chiaro in campo scuro e uno scuro in campo chiaro, confermano questa affermazione. La radice dello Yin è nel cuore della massima espansione dello Yang e viceversa. Come se la “radice” dello Yin sostenesse la capacità di evolvere e di espandersi dello Yang, in modo che raggiunga la sua sublimazione, senza giungere alla distruzione, mantenendo la capacità di ritornare alle sue radici. Nello stesso tempo la “radice” dello Yang controlla che la prerogativa dello Yin di concentrarsi non lo porti al collasso, bensì diventi la spinta del proprio incremento. Come la trave maestra che sostiene il tetto e lo stesso tetto protegge la trave dalle intemperie che potrebbero danneggiarla.
(*) Lo Yin e lo Yang sono due modalità opposte e complementari secondo cui si esprime la realtà. Sono delle categorie grazie alle quali si possono classificare e definire tutti fenomeni. Sono un criterio per osservare il cosmo e l’uomo. Sono quindi concetti astratti e non sostanze concrete. Quando il Sole rischiara una parte di una montagna, questo versante è Yang 阳, quando il Sole cambia posizione nel cielo, lo stesso versante passa in ombra e diviene Yin 阴. Nulla è cambiato della montagna. L’ideogramma Yang 阳, rappresentando il versante soleggiato, designa per analogia la luminosità, il giorno, il cielo, la luce, il Sole, il fuoco, il calore, l’estate, il mezzogiorno, il Sud. L’ideogramma Yin 阴, rappresenta il versante in ombra, per analogia l’oscurità, la notte, la terra, il buio, la Luna, l’acqua, il freddo, l’inverno, la mezzanotte, i Nord.
Nessun commento:
Posta un commento