Il titolo l'ho voluto ad effetto, ma il testo che riporto qui di seguito è l'esempio della mia visione di questo pensiero. Non filosofia o religione: pensiero. Ho "chiesto" a Padre Larre, uno dei più grandi sinologi del nostro tempo, di esprimerlo per me.
Questo testo è l'introduzione del "Tao Te King (Daode Jing) Il Libro della Via e della Virtù" (Ed. So-Wen Jaca Book) commentato da Claude Larre. Lo stesso libro ha la Presentazione di François Cheng, un altro grande del nostro tempo.
Ha oltrepassato la porta e le mura della capitale. Cammina nella campagna. Qui si svolge la vita naturale degli esseri resi a loro stessi. Un sole regolare gira sulla terra che produce senza stancarsi, al ritmo delle stagioni, al passo lento degli animali.
L'uomo che è vestito semplicemente e che mangia ciò che trova, conserva puri i propositi che nascono dal suo cuore innocente. Non critica nessuno e non si lamenta di nulla. Non fa grandi cose: piccoli lavori presso i contadini per poter sopravvivere. Quando ha finito di parlare, nessuno si ricorda di ciò che ha detto, ma niente è più come prima. Appare, allora, la vanità del Principe, l’ostentazione della Corte, l'avidità dei mercanti, l'ipocrisia dei riti, la futilità di chi discute, le contraddizioni delle scuole l’oppressione del popolo.
Questo uomo non ama ciò che trionfa, ciò che si mostra, ciò che si mette in evidenza. I Confucisti non sono suoi amici, neppure i Legisti che hanno la pena di morte facile, l'esaltazione dei discepoli di Mo-tseu lo inquietano, le arguzie dei Logici lo fanno ridere. Le cerimonie nei templi lo annoiano. Che si pensi di lui quel che si vuole: non gli importa nulla. Lo si tratta da scettico, da disilluso, da pigro e da cattivo cittadino. È solo in un mondo di cui può fare volentieri a meno e va per la sua strada, contento di avere ragione contro tutti. È un Taoista, un discepolo di Lao tseu, un ammiratore di Tchouang tseu, un fervente del Libro della Via e della Virtù.
Questo orientale, questo cinese, siete voi e sono io. Voi ed io in un certo momento di consapevolezza, quando la costrizione del corpo sociale si allenta, quando lo spirito in noi va in vacanza e prende congedo dai pensieri familiari, quando il cuore sgombro da ogni desiderio ritorna a essere disponibile. Perso per la società, sperso davanti alla natura, è reso a se stesso… Nessun orgoglio, nessuno sdegno, padrone di se stesso come dell’universo.
Prima di me e dopo di me, in me e al di là di me, esiste ciò che esiste e tutto il resto, che non è niente, è senza importanza. Ciò che esiste fonda l'effimero che sono. Non oso dire che possiedo l’esistenza, È l’Esistenza che mi possiede. Attraversato in permanenza dall’influsso che fa esistere un uomo tra Cielo e Terra, mi abbandono a ciò che mi fa essere. Un io provvisorio e senza grande consistenza è ciò che si vede di me e ciò che posso conoscere di me. Ma esisto anche là dove né io né alcuno può arrivare con la consistenza e la potenza del Cielo Terra la cui unione fa vivere ciò che vive. Queste persone - i Taoisti - che si scambiano a torto per degli asociali, per degli incorreggibili individualisti, per degli adepti del far nulla integrale e per degli scettici disillusi sono dei realisti: si rifiutano di dissolversi nell’incoscienza imbecille della società collettivista cinese guidata dalla vanità dei suoi prìncipi.
Nell’essenziale l'umanità cambia di poco. Società collettiviste e prìncipi arroganti ne abbiamo ancora. La Virtù ipocrita, la conosciamo; la religione superficiale, la conosciamo; la guerra per difendere la pace, la conosciamo; la società del desiderio esasperato, dell’avidità esorbitante la conosciamo; le ideologie e le filosofie che germogliano come gramigna, le conosciamo. La proliferazione delle città, l’urbanizzazione delle campagne, il propagarsi dell’anonimato, l'epidemia pubblicitaria, la distruzione della radice vivente tramite l’esasperazione del bisogno di vivere, lo vediamo.
Proprio qui, davanti alla constatazione dell’impotenza politica, della disorganizzazione sociale, dell’infelicità solidale degli individui che noi iniziamo a pensare a visioni del mondo che mai avevamo considerato. Specialisti, chiamati sinologi, erano incaricati fino a qui di portare ai nostri spiriti distratti una informazione scientifica, poco utilizzata sulla Cina. Ma il tempo è cambiato. Meno sicuri che mai, i nostri contemporanei, da questa parte della Terra, sono pronti a udire un’altra versione della storia umana diversa da quella a cui sono abituati e adattati.
Il Taoismo è una delle più antiche versioni cinesi della genesi dell’uomo e del suo inserimento nel vitale universale. Non prova nulla. Non dimostra nulla. Qui sta la sua forza. A chi fa molte domande per sapere perché è così, la risposta è semplicemente: perché è così, perché ciò che esiste veramente non ha bisogno che di luce per apparire. Solamente ciò che non esiste ha bisogno di prove e di dimostrazioni. L’illuminazione ha il ruolo principale. Non cade sull’intelligenza, ma sullo spirito. Esistono, beninteso, degli intellettuali taoisti, ma sono senza interesse per noi. Ciò che vale nel Taoismo è il mondo spirituale.
Una Realtà incontestabile è prima e io ne dipendo. Essa è fuori dal tempo e il tempo nasce da lei. Quando torno al centro delle realtà, il presente scompare. Una durata, presente alla coscienza, dà testimonianza. Testimonianza di ciò che è, che il discorso non conosce, che il concetto non racchiude. Che mi importano cento scuole, mille discorsi di scuole, diecimila denominazioni degli esseri sotto il cielo! Tutto questo non è che il prodotto di una attività dell’intelligenza che non è senza rapporto con ciò che esiste, ma che non insegna nulla. Tramite ciò che si vede, si ascolta, si tocca con mano, si può congetturare ciò che non può vedersi, udirsi, toccarsi con mano. È piuttosto grazie alla vitalità effimera, ma sempre regolarmente rinnovata, che una permanenza appare nel passaggio dell’effimero. È tramite il movimento naturale della nascita, dello sviluppo, del declino e della morte degli individui, delle società, delle specie, che un movimento primitivo, senza origine conoscibile e senza fine prevedibile, si lascia percepire in uno specchio di bronzo scuro. Movimento naturale degli esseri che non aspettano lo spirito dell’uomo per esistere. Se potessimo suscitare in noi il movimento primitivo e far scorrere in lui il nostro vitale cosciente, giungeremmo alla verità senza concetto e al l’atto senza scopo. L'uno è più certo e l’altro è migliore di tutto ciò che lo spirito umano abbia mai inventato.
Ecco lo spirito dei Taoisti, così vasto, così semplice, così realista, così sottile. Ci si può domandare se non sia il movimento del cuore, che dà il cambio e che supera, unificandoli, il voler vivere un po’ fisico e il voler sapere un po’ mentale. Questo spirito avvicina con umiltà e potenza il mistero dell’uomo cosciente in seno all’ universo. È una delle forme più compiute della spiritualità naturale dell’uomo.
E il Cristianesimo? Il Cristianesimo è una rivelazione di ciò che l’uomo con gli occhi, con le orecchie, con le mani è incapace di vedere, di ascoltare, di toccare. Fa vedere, udire, toccare il Verbo della Vita, la Via e la sua Virtù. In definitiva, tra il Cristianesimo che non definisce la natura umana e il Taoismo che si abbandona al movimento naturale, non esiste alcuna opposizione. Forse alcuni potrebbero avere un'idea del Cristianesimo e del Taoismo che li fa inconciliabili. Ma questo riguarda loro, non noi.
Claude Larre
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